SENEGAL: il paese delle arachidi


Cristiana Fichi, ormai ospite graditissima del mio blog, questa volta ci porta con il suo racconto in Senegal.

"Nonostante il periodo di grandi incertezze per il terrorismo e per i possibili attentati in tutto il mondo, ho scelto comunque di viaggiare animata dalla curiosità e dalla voglia di evadere.

La mia meta, l'Africa Nera ed in particolare il Senegal, ex colonia francese con religione a prevalenza islamica (90% della popolazione), ma con grande tolleranza verso altre religioni.



Il suo nome deriva da una leggenda. Si narra infatti che alcuni marinai europei, giunti su questa costa, volessero conoscerne il nome. Così, chiedendo ai marinai africani, cominciarono a sbracciarsi e gesticolare loro, visto che non parlavano la stessa lingua. I marinai africani credettero fosse chiesto loro chi erano i proprietari delle piroghe ormeggiate a riva e risposero “SEEN GALL”, cioè sono le piroghe dei pescatori del posto e da quella volta rimase il nome Sen Gal, da cui poi Senegal.



Questa leggenda fa capire innanzitutto che questa regione venne colonizzata e poi che viveva sostanzialmente di pesca.

Infatti il Senegal fu colonizzato inizialmente dai portoghesi intorno al 1455, poi dagli olandesi intorno al 1500, in seguito dai francesi nel 1621, successivamente dagli inglesi verso il 1650 e, dopo varie vicissitudini, divenne territorio francese definitivamente nel 1816.


L'indipendenza dalla Francia è avvenuta solo nel 1960 ed un grande contributo al processo di indipendenza fu reso dall'eroe nazionale, Leopold Sedar Senghor.

Il susseguirsi dei vari colonizzatori era dovuto alla sua posizione interessante e strategica per il commercio degli schiavi. Da queste coste infatti venivano assembrati e venduti i neri di varie tribù, tra cui i famosi Mandingo, ricercati per la loro forza e prestanza fisica. Il più celebre tra gli schiavi fu Kunta Kinte, di cui Alex Haley ne narrò le vicende nel libro “Radici”. Tra il XVI e il XIX secolo vennero trasferiti principalmente nelle Americhe circa 15 milioni di schiavi.



L'isola di Gore, situata davanti alla capitale Dakar, è un monumento alla memoria e per questo dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Nella casa degli schiavi ho potuto notare le stanze dove venivano reclusi i giovani, le donne e i bambini, dove avveniva la vendita e dove l'imbarco, con la partenza per le varie destinazioni verso il continente americano.






Molti schiavi morivano di stenti prima della partenza e molti durante la traversata oceanica, trattati come animali. La visita di tali luoghi mi ha lasciato un senso di profondo sconcerto. Nonostante le strade di Gore siano ora visitate da molti turisti, il silenzio, la compostezza e la sua povertà, infondono un sentimento di grande rispetto e di commozione.

Vicino al monumento alla schiavitù la lapide indica che solo nel tardo 1800 la Francia abolì la schiavitù.

Per anni vessati e sotto il dominio francese i senegalesi basarono la loro economia principalmente sulla pesca e sull'agricoltura, in particolare la coltura delle arachidi, importata dal Brasile ai tempi della colonizzazione portoghese. Ancora oggi il Senegal vive di pesca e rappresenta il principale produttore ed esportatore mondiale di arachidi.



A Dakar ho trovato il pesce fresco ed appena pescato oltre che nei vari mercati chiusi sparsi nella città, sulle rive del mare e questo è senz'altro il più sensazionale. Qui si può trovare di tutto, perfino i tonni dalle pinne gialle! Ed è un vero spettacolo, colorato ed allegro quello che si presenta, anche per le tipiche barche dei pescatori!




La città di Dakar situata sul promontorio di Capoverde è relativamente caotica e per certi versi meno Africa Nera del previsto. Infatti mi hanno colpito le nuove grandi autostrade, uno spiccato senso per lo sport dei giovani che si allenano ad ogni ora della giornata per le strade soprattutto sul lungomare, una ricerca per la griffe sportiva del momento, siano esse scarpe, vestiti o accessori vari. Naturalmente accanto al ragazzino con le scarpe Nike o il jeans stretto ultimo modello si trovano donne e uomini vestiti con i tradizionali abiti dai colori sgargianti, soprattutto le donne con i copricapo ad essi abbinati.




Dopo la capitale mi sono trasferita appena fuori del centro, in una parte di deserto dove avveniva la mitica gara, la Parigi-Dakar. Il tratto che costeggia la grande costa, a nord di Dakar è bellissimo! Infonde un senso di completa ed assoluta libertà! Kilometri e kilometri di spiaggia completamente deserta, lambita dalle onde oceaniche, con qualche villaggio povero nell'immediato entroterra.

La piccola costa invece a sud di Dakar, è la zona più balneabile e più turistica, ma il mare non è degno di nota e le strutture presenti sono molto semplici e spartane.



Il mio viaggio è proseguito poi a nord, direzione Lago Rosa, un lago fortemente salato, simile al Mar Morto, in quanto separato dal mare da poche centinaia di metri. Il suo nome deriva dalla colorazione che assumono le acque in determinate ore della giornata, a causa di un'alga che ossida il ferro contenuto nell'acqua, impartendo così la caratteristica colorazione. Ancora oggi avviene l'estrazione del sale dal lago manualmente, che viene posto in piccole imbarcazioni, che una volta riempite vengono svuotate. La raccolta viene effettuata dagli uomini, ma lo svuotamento delle barche dalle donne, che hanno sempre un ruolo molto attivo in ogni lavoro. Il sito pur interessante mi ha un po' deluso, anche per la mancata colorazione rosa tanto attesa.





Continuando il mio viaggio ancora più a nord, ho incontrato paesaggi bellissimi e molto vari. Per primi le foreste di baobab, così imponenti,



poi le risaie, dopo i palmeti, fino ad arrivare all'altra grande città, Saint Louis, che per un periodo è stata anche la capitale del Senegal. La città sorge su di una piccola isola sull'estuario del fiume Senegal, tra la terra ferma ed una lunga penisola sabbiosa chiamata Langue de Barbarie. L'ingresso nella città avviene attraversando il fiume su un maestoso ponte lungo 500 m progettato da Eiffel, lo stesso della torre parigina, che originariamente doveva finire sul Danubio.



La zona antica è dichiarata patrimonio dell'umanità, ma francamente la sua fatiscenza e degrado non mi hanno particolarmente interessato. La zona vicino al mercato del pesce è invece la zona più povera della città ma anche la più vivace, dove odori, rumori, colori fanno da padroni.



Proseguendo ancora a est della città sono arrivata al parco di Djoudj. Il parco è una riserva di uccelli migratori. Emozionante è stato l'osservazione in piroga dei vari uccelli, in particolare la colonia di pellicani.




Scendendo di nuovo verso Dakar sono arrivata a Lompoul ed il suo deserto. La sabbia color ocra è bellissima e nella notte la pace dei luoghi era accompagnata dalla visione delle stelle e dal rumore del mare vicino.



L'ultima tappa la riserva di Bandia. Qui si può assaporare un minisafari tra animali, come la zebra, la giraffa ed il bufalo, non autoctoni ma importati da altri paesi africani.



In sintesi, ritengo questo paese una miscela di tante afriche, consigliabile a chi si vuole avvicinare per la prima volta a questo continente per la sua varietà di paesaggi."


Testo e foto di Cristiana Fichi



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